Il gruppo di lavoro coordinato dal Ministrero della Transdizione ha definito i requisiti degli impianti agrivoltaici e l’accesso agli incentivi.
Quali sono le caratteristiche chiave che identificano gli impianti agrivoltaici? Quando un’installazione solare può definirsi tale? A quali costi andrà incontro il proprietario? E quali elementi permettono a tali sistemi di accedere agli incentivi previsti dal PNRR? Per rispondere a queste ed altre domande il Ministero della Transizione ecologica ha pubblicato le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici”. Il documento, reperibile da ieri sul sito ministeriale, è frutto del lavoro svolto da CREA, ENEA, GSE e RSE sotto il coordinamento dello stesso dicastero. Si tratta di un compendio di 39 pagine che passa in rassegna requisiti minimi di installazione e monitoraggio, affiancando anche un’analisi dei costi d’investimento.
Ma soprattutto fornisce una definizione univoca per l’agrivoltaico o agrovoltaico: un sistema che adotti soluzioni “volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione”. Gli impianti, si legge nelle linee guida possono essere caratterizzati da diverse configurazioni spaziali, gradi di integrazione e caratteristiche innovative. Ma l’obiettivo finale dovrà sempre essere una sinergia produttiva in cui colture e pannelli solari si influenzano reciprocamente in maniera positiva. Migliorando al contempo la qualità ecosistemica dei siti.
Agrivoltaico, tra colture adatte e non
Ecco perché, al momento dell’installazione di un sistema fotovoltaico in agricoltura, è essenziale valutare la compatibilità dei moduli con le piante coltivate. In questo contesto il documento riporta brevemente i risultati di alcuni studi tedeschi che hanno valutato il comportamento di diverse colture alla riduzione dell’illuminazione diretta. Il lavoro, che va tuttavia inquadrato nelle caratteristiche territoriali della sola Germania, individua colture “non adatte”, “poco adatte”, “adatte”, “mediamente adatte” e “molto adatte”. Alle ultime due classi appartengono, ad esempio, cipolle, fagioli, cetrioli, zucchine, patate, luppolo, spinaci, insalata, fave.
Le linee guida analizzano anche i costi, sia quelli di investimento che di operatività e monitoraggio. Con un capitolo delicato all’LCOE, ossia il costo livellato di generazione elettrica per due tipologie di installazioni fv: su colture seminative e permanenti. “Complessivamente, – si legge – a partire dai 55-69 €/MWh di impianti con tracking monoassiale a terra, risulta un range 73-93 €/MWh per sistemi agrivoltaici a colture seminative e 60-76 €/MWh per sistemi a colture permanenti. A tali valori si aggiunge una variabilità di circa 25 €/MWh per sistemi a colture seminative e 15 €/MWh per sistemi a colture permanenti in ragione dei possibili range di variabilità dei costi di investimento”.
Incentivi al fotovoltaico in agricoltura
Il testo illustra anche alcuni possibili fattori premiali o criteri di selezione prioritaria per l’accesso agli incentivi da parte degli impianti agrivoltaici. Tra questi vi è l’applicazione dei moderni concetti di agricoltura di precisione, l’autoconsumo, l’impiego di dispositivi fotovoltaici spettralmente selettivi o di moduli trasparenti, l’incremento dell’elettrificazione dei consumi dell’azienda e l’attenzione all’integrazione paesaggistica dei sistemi agrovoltaici.
Contestualmente il Ministero della Transizione ecologica ha lanciato una consultazione pubblica sulla misura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la concessione dei benefici previsti. Il PNRR prevede infatti di incentivare con contributi a fondo perduto fino al 40% la realizzazione di impianti agrovoltaici per “contribuire al raggiungimento dei target nazionali in materia di energie rinnovabili e al contempo rendere più competitivo il settore agricolo, riducendo i costi di approvvigionamento energetico e migliorando le prestazioni climatiche-ambientali”. I soggetti interessati sono invitati a rispondere entro il 12 luglio 2022.
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Articolo tratto da Rinnovabili.it